L’emergenza sanitaria potrebbe presto trasformarsi in un’emergenza socio-economica. Le persone che già prima dello scoppio della pandemia si trovavano in situazioni precarie, come le persone a basso reddito, i precari e i sottoccupati, sono quelle colpite più duramente, ma la crisi che seguirà potrebbe non riguardare soltanto loro.
In un articolo, pubblicato quest’oggi sul Caffè, il sindacalista dell’Ocst Giorgio Fonio mette in evidenza le difficoltà economiche esacerbate dalla crisi pandemica. “[Con il lavoro ridotto] una famiglia con un’entrata di 5 mila franchi deve far quadrare i conti con mille franchi in meno; e non è che le spese, l’affitto, i premi di cassa malati diminuiscono nel frattempo”. Sono dunque i lavoratori e le famiglie con redditi più modesti a venire penalizzati maggiormente, così come i precari e gli indipendenti.
I così detti Working poor, ossia le persone che pur lavorando non riescono ad uscire dall’indigenza: una categoria che in Svizzera si stima raggiungere l’8% della popolazione, circa 700mila persone, mentre in Ticino supera addirittura il 10%.
Ma le conseguenze della crisi sanitaria non riguarderanno solamente le persone meno abbienti. Lo sostiene l’economista Amalia Mirante. “Il coronavirus ha fatto cadere in povertà le persone già a rischio, come le famiglie monoparentali, come i lavoratori indipendenti a basso reddito; più gli stranieri, visto che questi svolgono lavori precari e poco qualificati, ma non mi stupirei se qualche azienda approfittasse di questa situazione per anticipare i tempi di ristrutturazione, riducendo il personale, in questo scenario a pagare il pezzo del coronavirus potrebbero essere allora fasce più ampie di lavoratori.”
Non solo i precari dunque, ma anche impiegati qualificati e lavoratori del settore pubblico, vittime di tagli fino a questo momento procrastinati e messi in atto con la scusa della nuova crisi.